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Con il D.Lgs. 18 luglio 2011, n. 119, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 27 luglio 2011, n. 173 in attuazione dell'articolo 23 della L. 4 novembre 2010, n. 183 (c.d. Collegato Lavoro), recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi, il Legislatore è di nuovo intervenuto e nell'ambito della materia dei permessi per assistenza disabili al fine di razionalizzare la normativa esistente e limitarne un'interpretazione distorta, sempre più foriera di illeciti e abusi.
Invero, già attraverso il Collegato lavoro era stato modificato il comma 3 dell'articolo 33 della L. n. 104/92 in materia di permessi per l'assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità. Ciò era avvenuto da una parte riducendo dal terzo al secondo il grado di parentela e affinità il rapporto che deve intercorrere tra il portatore di handicap e il familiare che può fruire dei tre giorni di permesso mensile consentiti per l'assistenza¹, dall'altra parte stabilendo che il permesso di tre giorni mensile non può essere riconosciuto a più di un lavoratore per la stessa persona disabile².
Gli articoli 6 e 7 del D.lgs. n. 119/2011 sono state riordinate le diverse tipologie dei permessi, ridefinendone i presupposti oggettivi e soggettivi degli aventi diritto e adeguando l'impianto normativo ai vari interventi giurisprudenziali e di prassi intervenuti nel frattempo.
In particolare, per quanto concerne i PERMESSI PER L'ASSISTENZA A PORTATORI DI HANDICAP in SITUAZIONE DI GRAVITÀ, l'art. 6, modificando nuovamente l'art. 33 della L. n. 104 come rivisto dal Collegato lavoro - che si limitava il diritto ai tre giorni di permesso ad un solo lavoratore per l'assistenza della stessa persona con handicap in situazione di gravità (salvo il caso di assistenza prestata alternativamente dai genitori al figlio), - ha introdotto la possibilità per il singolo lavoratore di cumulare i permessi e di assistere più persone in situazione di handicap grave che però rientrino in un grado di parentela più ristretto. Sarà quindi possibile assistere anche più soggetti colpiti da disabilità grave solo nel caso in cui la persona da assistere sia il coniuge o un parente o affine entro il primo grado o ancora entro il secondo, se i genitori o il coniuge della persona da assistere abbiano compiuto i 65 anni o siano affetti da patologie ovvero siano deceduti o mancanti.
Inoltre, con l'eliminazione del requisito della convivenza, si è aperta la possibilità di assistere un soggetto disabile residente in località distanti. Tuttavia per le distanze che sono oltre i 150 Km dal luogo di residenza del lavoratore, il legislatore richiede la dimostrazione dell'effettiva assistenza, attraverso comprovata documentazione dei titoli di viaggio. Il richiedente i permessi dovrà quindi dimostrare di essersi effettivamente recato ad assistere il familiare disabile presso il suo domicilio conservando biglietti di mezzi pubblici o fatture autostradali o altra documentazione idonea a fornire la prova di aver raggiunto l'assistito.
L'art. 7 D.L.gs n. 119/11 ha invece razionalizzato il CONGEDO PER CURE DEI LAVORATORI INVALIDI, unificando la normativa esistente e la disciplina sancita dalla L. 30 marzo 1971, n. 118 e dall'art.10 del D.Lgs 23 novembre 1988, ora entrambe abrogati. In particolare, vengono confermate tutte le seguenti condizioni:
- per accedere al congedo il lavoratore deve rientrare nella categoria dei mutilati e invalidi civili, con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%;
- il congedo è fissato a massimo 30 giorni per anno e può essere fruito anche in maniera frazionata;
- il lavoratore deve presentare apposita domanda al datore di lavoro;
- la domanda deve essere accompagnata da un certificato, rilasciato da un medico del Servizio sanitario nazionale, che attesti la necessità della cura;
- la cura deve essere specifica e strettamente attinente all'infermità invalidante riconosciuta.
Sotto il profilo retributivo, la norma prevede il diritto per il dipendente in congedo a percepire il trattamento calcolato secondo il regime economico delle assenze per malattia, fermo restante tuttavia che l'assenza per congedo non concorre alla determinazione del periodo di comporto.
¹ La parentela di terzo grado può giocare il suo ruolo solo nel caso in cui i genitori o il coniuge della persona da assistere abbiano compiuto i sessantacinque anni di età o siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o deceduti o mancanti.
² Fa eccezione l'assistenza al figlio, il cui diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori seppur alternativamente.
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